Digital Revolution: Come cambia il mondo del lavoro

Secondo alcuni ricercatori di Oxford il 47% dei lavori negli Stati Uniti è già a rischio computerizzazione

Il mondo del lavoro è in continua trasformazione. Si stima che entro i prossimi 50 anni gran parte delle occupazioni attualmente svolte da esseri umani finiranno per essere assegnate a computer e intelligenze artificiali. Non tutti attribuiscono a tale evolution il giusto significato, anzi spesso si tende a minimizzare quelle che sono le conseguenze e questo quando un buon 80% ritiene che il lavoro rimarrà in buona parte immutato.

Lo scenario potrebbe però essere ben diverso. Secondo alcuni ricercatori di Oxford il 47% dei lavori negli Stati Uniti è già a rischio computerizzazione – e un ulteriore 13% vi si potrebbe aggiungere quando le macchine diverranno capaci di “comprendere” e processare davvero il linguaggio naturale. Addirittura entro i prossimi 30 anni i robot potrebbero portare a tassi di disoccupazione superiori al 50%. Già nel lontano 1963 la pagina di Life del 13 luglio scriveva: “l’automazione è davvero qui, i posti di lavoro diminuiscono“. Mezzo secolo più tardi, il problema rimane lo stesso: non abbiamo imparato a capire se la strada intrapresa è quella che conduce a un mondo di lavoratori sostituiti in massa dalle macchine, se la stiamo per prendere o se piuttosto sono solamente preoccupazioni infondate, volte a spaccare gli algoritmi e le intelligenze artificiali della quarta rivoluzione industriale.

Oggi come ieri assistiamo ad una rivoluzione che è il connubio di macchine e computer che si autoregolano automaticamente. Ciò determina un sistema della capacità illimitata che richiede sempre meno lavoro umano. In questo scenario non mancano i cosiddetti ottimisti pronti a scommettere che trattasi di semplici allarmismi e che come in passato la tecnologia ha creato posti di lavoro così continuerà a fare. Questo articolo non vuole assolutamente creare allarmismi vari né tantomeno sminuire quelli che sono i vantaggi che la tecnologia comporta, bensì si pone delle domande e cerca di sensibilizzare su quelli che sono i vantaggi ma anche gli svantaggi. Non si può infatti non tener conto di come il digitale abbia permesso l’accesso a contenuti gratuiti, dell’importanza della nascita di aziende come Whatsapp, Instagram, Facebook nate grazie alla necessità di meno capitale umano e di conseguenza economico. Non possiamo però non tener conto di come , nel lavoro, abbia creato nuove mansioni, caratterizzate da un’elevata qualificazione, che hanno rubato spazio ai lavoratori poco qualificati.

La nostra preoccupazione sorge perché con la tecnologia che prende sempre più la forma di capitale che sostituisce lavoro, la disuguaglianza di reddito è probabile che continui ad aumentare. I rischi infatti sono da individuare nella creazione di disparità economiche che andranno a concentrare la maggior parte del reddito nelle mani di pochi. Un altro problema di non poco conto riguarda le tutele. Assistiamo sempre più a un crescendo che si articola in vetture che si autoguidano, Google, sharing economy. Quest’ultima, in particolare, sta comportando il mutarsi di sempre più forme occupazionali in prestazioni occasionali, svolte non più da dipendenti assunti ma da freelance autonomi.

Pensiamo ai piloti di Uber e gli affittuari di Airbnb, uno scenario che vede i lavoratori permanenti precari al servizio di piattaforme che li rendono beni condivisi nel tentativo di collegare domanda e offerta. Le tutele diminuiscono poiché le piattaforme si dicono non responsabili di qualunque cosa accada ai loro “volontari”. Assistiamo sempre più ad un’uberizzazione del lavoro umano, alla frammentazione delle occupazioni in compiti dati in appalto e lo smantellarsi dei salari in micro pagamenti. Perciò da una parte assistiamo a settori come l’informatica, sempre in crescita, e altri, pensiamo per es. ai settori della catena di montaggio, della produzione, che vedranno una contrazione di oltre 600 mila lavoratori. Lo scenario non è dei più belli. Appare incerto e richiede risposte dal mondo politico e sindacale. Occorre impegno profuso, risposte a medio termine. L’era digitale può portare con sé cambiamenti ben più importanti rispetto alle precedenti rivoluzioni tecnologiche. Per fare in modo che sia un’era inclusiva e non distorsiva è necessario comprendere le sfide che offre, prevedere delle strategie e dei piani a lungo termine per assecondarla ed evitare di entrare in un periodo di stagnazione secolare.

Categoria: Punti di vista

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Article by: Teresa Paparazzo