Questa esperienza drammatica che stiamo vivendo dovrà insegnarci molto.
Sulla vita; sulle cose che davvero contano; e su molto altro.
Per noi, che viviamo e pratichiamo anche l’esperienza esistenziale del fare Sindacato, credo ci debba insegnare anche qualcosa di nuovo che ci riguarda da vicino.
Anche perché, quando questa tragedia finirà, moltissime cose saranno diverse. Compreso il modo di fare Sindacato. Sia sul piano pratico che su quello ideale.
Proviamo a fare un primo e sommario approccio alla questione, per prepararci meglio al dopo.
Intanto dovremo ricordarci di onorare i morti.
E pensare alle famiglie di quelli che sono morti sul fronte del lavoro, per mandare avanti il “sistema Paese” in questa tragedia: i medici, gli infermieri, gli addetti ai servizi ospedalieri e di ricovero, i volontari, i militari, le forze dell’ordine e della sicurezza, gli addetti ai trasporti di ogni tipo, gli addetti ai servizi e a quelle attività che hanno dovuto tenere duro, davanti al rischio del contagio. Per non lasciar morire, insieme a tante persone, anche l’intero nostro Paese.
E se abbiamo fatto degli scioperi per i tanti morti sul lavoro, anche durante il 2019, dovremo ancor di più pensare alle famiglie di questi caduti sul lavoro, che sono più numerosi di oltre dieci volte quelli del recente passato.
Dovremo prestare molta più attenzione al mondo femminile, che è oggi la parte più sfruttata della società. Sono le donne a perdere per prime il lavoro; sono le donne a costituire l’esercito di riserva del lavoro precario, delle cosiddette cooperative dove il lavoro è sottopagato, spesso in contratto di solidarietà, in part-time coatto. Sono le donne le più sfruttate nella società e su cui grava tutto il peso della cura della famiglia.
Poi far ripartire l’economia italiana mettendo chiaramente e decisamente al centro innanzitutto e soprattutto il lavoro, che è l’unico elemento veramente importante in qualsiasi sistema socio-economico che voglia essere vitale.
Ci dovranno interessare – e dovremo far interessare – di più le imprese, le aziende, le attività, le sole che producono ricchezza e occupazione, e far pesare molto meno le borse, le azioni, la finanza che, tra l’altro, tanti danni ha consumato nel recente passato, con le sue artificiali bolle speculative.
Dobbiamo riscoprire la parola di san Paolo “chi non lavora, non mangi”, perché tutti – salvo chi non fosse in grado – possano e debbano impegnarsi nel lavoro di ricostruzione dell’economia italiana, in una prospettiva di rinnovata solidarietà europea.
Ancora. Non ci potremo più accontentare dei vecchi moduli e dei vecchi comportamenti, ma – accanto ad un rilancio nel Paese degli investimenti nella ricerca, nell’innovazione, nella scuola, nella cultura – dovremo anche noi investire per rinnovare la cultura del e nel Sindacato. Non sarà più il tempo dell’abilità dei retori a secondare gli umori ondivaghi delle piazze, ma sarà necessario capire, per proporre, e per convincere con la razionalità, e cominciare veramente a cambiare le cose.
Dovremo tutti imparare ad usare meglio i “social”, anche per raggiungere e coinvolgere fasce di lavoratori – sovente giovani e culturalmente più preparati – che oggi manco conosciamo e che manco conoscono il Sindacato.
Dovremo saper essere ancora più autonomi: dalle ideologie, dai partiti, dalle controparti, ma riscoprire nuove forme di associazione che ci facciano più forti, più efficaci, più determinati, che oggi si chiamano Federazione e Confsal, e su queste riaggregarci in modalità nuova.
Dovremo saper ascoltare al meglio tutti, anche chi ci contraddice, senza tentennare però nelle scelte e nelle decisioni operative.
Dovremo saper meglio e più efficacemente rappresentare chi meno conta nel mercato del lavoro e contemporaneamente le categorie più importanti nell’economia e nella società, in una sintesi politica che non sia mera giustapposizione, ma unità strategica dei distinti.
Dovremo cercare alleanze ove ve ne sia l’opportunità, senza mai venir meno all’originale vocazione di Sindacato autonomo.
Soprattutto dovremo rinnovare e rilanciare una visione del Sindacato che mette insieme l’autonomia con la solidarietà, la strategia con l’efficacia, la comprensione profonda delle questioni con la volontà d’azione.
Dovremo infine avere la forza di rinnovare noi stessi, perché il compito che attende tutti è diventato ancora più importante di prima.
Segretario Regionale Liguria
FAST-Confsal