La retribuzione tabellare assicurata dal Ccnl servizi fiduciari per un lavoratore inquadrato nel livello D di tale contratto non è proporzionata e sufficiente rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato.
Ad affermarlo è stato di recente il Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 673/2022 del 22 marzo 2022, decidendo il ricorso presentato da alcuni lavoratori di una cooperativa sociale che svolge servizi di portierato e guardiania applicando tale contratto collettivo a propri lavoratori subordinati. Alcuni di essi hanno chiesto al Giudice di condannare la Società convenuta a ricomputare le retribuzioni dovute sul Ccnl Multiservizi. Secondo le parti attrici, infatti, tale accordo collettivo presenterebbe, per mansioni di medesima complessità e natura, trattamenti retributivi superiori e più coerenti con il precetto costituzionale dell’art. 36, il quale, come noto, stabilisce che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Sul piano della proporzionalità, il Tribunale ha rilevato come il riconoscimento di una retribuzione annua lorda pari ad euro 12.090,00 per lo svolgimento full time di attività di guardiano notturno costituisce una retribuzione non proporzionata alla quantità e qualità del lavoro, posto che i valori retributivi di mercato fotografati da altri Ccnl applicabili a tali mansioni (su tutti il Ccnl Multiservizi, Commercio e Proprietari di Fabbricati) risultano sensibilmente superiori.
Sotto l’aspetto della sufficienza, poi, il Giudice del lavoro ha evidenziato come i livelli retributivi in questione risultino sempre inferiori ai 900 euro mensili e, molto spesso, addirittura inferiori alla soglia di povertà ISTAT (intorno agli 800 euro), con la conseguenza che essi non risultano idonei ad evitare al dipendente cui si applicano di non vivere in condizioni di disagio e di indigenza (per sé e per i suoi cari).
Tale considerazione, peraltro, secondo il giudicante, deve prescindere dalla condizione patrimoniale personale e specifica del singolo dipendente, visto che, secondo giurisprudenza di legittimità, il dettato dell’art. 36 Cost. non consente all’interprete di tenere conto di fattori diversi da quelli retributivi, quali altri redditi di cui il dipendente sia eventualmente provvisto. Ciò che conta ai fini del rispetto del parametro costituzionale, infatti, è il giudizio di bilanciamento tra quantità/qualità del lavoro e la retribuzione percepita, non essendo tollerabile la possibilità di applicare trattamenti retributivi diversi in base alle differenti condizioni extra-lavorative dei prestatori di lavoro.
La situazione di fatto conosciuta dal Tribunale, inoltre, è stata ritenuta aggravata dalla circostanza per cui, per le stesse mansioni e nello stesso appalto in cui lavoravano i ricorrenti, altri datori di lavoro avevano applicato il Ccnl Multiservizi con una retribuzione percepita superiore di oltre il 25%.
In base a tali considerazioni, i ricorrenti si sono visti riconoscere il diritto all’applicazione di un trattamento economico retributivo non inferiore a quello del Ccnl Multiservizi (non applicato al rapporto di lavoro dalle parti), con conseguente condanna del datore ad erogare le differenze monetarie maturate. Secondo il Tribunale, del resto, il giudice può discostarsi in melius dai parametri collettivi applicarti là dove riscontri che il trattamento economico determinato dalle parti sociali sia in concreto contrastante con il precetto costituzionale sancito dall’art. 36 Cost. e può assumere come criterio orientativo un contratto collettivo nazionale (o di diverso livello) non vincolante per quel determinato rapporto di lavoro, indicando nella motivazione della sentenza i criteri di valutazione utilizzato in modo da consentire il controllo circa la correttezza e congruità logico giuridica della decisione.
Prof. Avv. Paolo Pizzuti
Avv. Gennaro Ilias Vigliotti
Avv. Giuseppe Catanzaro