Il distacco è una modalità della prestazione lavorativa, disciplinata per il nostro territorio dall’art. 30 del d.lgs. n. 276/2003, attuata dall’impresa per comprovate ragioni tecnico-organizzative e produttive, facendo eseguire una determinata attività da un dipendente presso un’altra azienda.
Per favorire la libera circolazione di merci, servizi e lavoratori, il datore di lavoro può, ovviamente, richiedere ai propri dipendenti di lavorare temporaneamente in un’altra nazione europea. Si ha, quindi, il distacco intracomunitario quando un lavoratore di uno Stato UE viene inviato ad esercitare la propria attività in un altro Paese dell’Unione.
Secondo un’indagine del Parlamento di Strasburgo, nel 2016 si sono stati registrati 2,3 milioni di lavoratori distaccati nell’UE e, fra il 2010 e il 2016, il loro numero è aumentato del 69%, ma comunque essi restano una minoranza, non arrivando a rappresentare l’1% dei lavoratori totali nell’UE. Il distacco è particolarmente utilizzato in alcuni settori economici (il 69,1% dei lavoratori è impiegato nell’industria, di cui il 45% nella sola edilizia; il 24,9% nei servizi e l’1,5% nell’agricoltura e pesca).
I lavoratori distaccati ricevuti in Italia sono lo 0,3% della popolazione attiva italiana (nel 2022 circa 18,1 milioni di dipendenti) e l’82,3% dei distaccati si trova in 15 paesi, mentre Germania, Francia e Belgio ricevono il numero più alto di lavoratori e, da soli, ne ospitano circa il 50%. I paesi che più inviano lavoratori distaccati all’estero sono Polonia, Germania e Slovenia e, spesso, si ricorre a tale tipologia di prestazione per far fronte alla mancanza di personale, soprattutto altamente specializzato.
Le norme nazionali ed europee, oltre ai contratti collettivi, proteggono l’impiego ed i diritti di questi lavoratori ed assicurano la responsabilità dei loro datori di lavoro. La Direttiva 96/71/CE è stata recepita nell’ordinamento italiano dal d.lgs. n. 72/2000 e la Direttiva 2018/957/UE dal d.lgs. n. 122/2020 (modificativo del d.lgs. n. 136/2016, attuativo della Direttiva 2014/67/UE relativa alla garanzia di compimento della Direttiva 96/71/CE). Il Regolamento UE n. 1024/2012, relativo alla cooperazione amministrativa, attraverso il Sistema di Informazione del Mercato Interno (“Regolamento IMI”), ha visto l’intervento anche delle Circolari dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 1/2017 e n. 1/2023.
Un’indagine effettuata dalla nostra Organizzazione Sindacale per il progetto dell’UE “Mobility ImPACT on Transport Workers”, svolta su 20 lavoratori dei trasporti e 10 imprenditori del settore, ha evidenziato i seguenti risultati.
Esiste una buona conoscenza delle direttive sul distacco (50% lavoratori, 70% datori) ed una certa corrispondenza fra datori e lavoratori circa la loro applicazione nel settore dei trasporti in Italia (il 30,8% dei lavoratori ed il 37,5% dei datori credono che non si applichi), con un alto tasso di entrambi che non sa (il 61,5% dei lavoratori ed il 62,5% dei datori). Esiste anche una certa corrispondenza fra le opinioni delle ditte e dei lavoratori sulla capacità della normativa europea di garantire i diritti dei distaccati (solo il 15,4% dei lavoratori ed il 12,5% dei datori credono di sì), mentre entrambi non lo sanno per il 38% circa.
I problemi fondamentali sull’applicazione delle direttive sul distacco che incontrano in Italia, tanto i lavoratori quanto i datori, si concretizzano nella poca chiarezza della normativa europea, nella mancanza di informazione e nei connessi problemi interpretativi.
È stata appurata la conoscenza degli accordi collettivi nel settore dei trasporti che permettono la partecipazione dei lavoratori mediante i sistemi di informazione e consultazione che, giudicati abbastanza adeguati dai dipendenti, si realizzano normalmente attraverso il Sindacato e le sue articolazioni.
La retribuzione viene stabilita dal contratto collettivo che regola come elementi obbligatori: il salario base, il supplemento di accordo e gli scatti di anzianità. Gli elementi retributivi non obbligatori relativi al distacco sono normalmente l’indennità di trasporto, il vitto e l’alloggio e sono -di solito- a carico dell’impresa.
La maggioranza dei lavoratori (62,5%) riconosce che le proprie condizioni di impiego nei distacchi non sono accettabili.
Viene invece svolta, almeno una volta all’anno, la visita medica sullo stato di salute e i dipendenti ricevono una certa formazione sulla prevenzione dei rischi ritenuta, da più della metà degli intervistati, adeguata.
Le necessità dei lavoratori circa le migliorie nelle proprie condizioni di impiego sono: 1) retribuzione; 2) esser consultato dall’impresa sugli aspetti professionali; 3) giornata di meno ore; 4) e 5), a pari merito, maggiore attenzione da parte dei sindacati e maggiore attenzione alla sicurezza sul lavoro; 6) più tempo di riposo tra un distacco e l’altro; 7) maggiore valorizzazione da parte dell’impresa del lavoro svolto.
La maggioranza dei lavoratori del settore trasporti (55%) dice di essere motivato e riconosciuto nella professione, ma la minoranza non soddisfatta è abbastanza sostanziosa (45%).
Il 70% dei datori, che dice di sapere dell’esistenza della normativa, confligge comunque con l’88,9% che dichiara di non conoscere le operazioni da realizzare nel sistema di distacco nei trasporti e con l’80% che afferma di non conoscere lo strumento on line per dichiarare i distacchi.
Le risposte sui documenti che vanno portati dall’autista durante il suo distacco, ci dicono per l’88,9% la carta tachigrafica; per il 55,6% la dichiarazione di distacco e per il 33,3% la lettera di vettura elettronica, indicando dette percentuali una certa qual infarinatura in materia.
La valutazione che si può trarre dalle conclusioni generali appena accennate, anche in considerazione della conoscenza della situazione del settore trasporti italiano e della normativa sul distacco dei lavoratori, non può che coincidere abbastanza bene con i dati della ricerca.
Considerando, infatti, che la maggioranza dei datori sono imprenditori e gestori di impresa e solo una piccola minoranza sono lavoratori autonomi (cd. “padroncini) del settore, allo stesso tempo impresari e lavoratori che mantengono entrambe le prospettive, l’indagine ha mostrato come il settore trasporti veda la piccola impresa (da 1 a 50 dipendenti) rivestire il ruolo di protagonista come in tutta Italia, in cui rappresenta quasi il 90% del tessuto economico.
Sorprende tuttavia la percentuale dei lavoratori che dicono di non conoscere l’esistenza della normativa europea sul distacco, che è la stessa di quelli che la conoscono (50%). Detta quota di non conoscenza corrisponde, grosso modo, a quella di chi non sa dell’applicazione della norma stessa nel proprio paese (46,2%) e nel settore dei trasporti (61,5%).
Un rilievo merita, infine, la forte richiesta da parte dei lavoratori al Sindacato di una maggiore attenzione alle loro problematiche, soprattutto sulla sicurezza sul lavoro.
Articolo realizzato nell’ ambito del progetto Mobility ImPACT on Transport Workers, realizzato dalla FAST- Confsal in collaborazione con Sindacati e Associazioni imprenditoriali di Italia, Croazia, Polonia, Grecia, Norvegia, Belgio e Spagna e finanziato dall’ Unione Europea. Le opinioni e espresse sono quelle dell’ autore(i) e non riflettono necessariamente quelle dell’Unione Europea. Né l’Unione europea né l’ente concedente possono essere ritenuti responsabili di essi.