IL GRAN TEATRO DELLA SICUREZZA: TRAGEDIA E FARSA IN FERROVIA

Immaginate, o voi cittadini, il gran teatro della vita moderna, dove non ci sono più gladiatori che combattono per la libertà ma uomini in cravatta e colletto inamidato che lottano per non essere immolati sull’altare della burocrazia. Sì, avete capito bene, il palcoscenico di cui vi parlo è il nostro venerabile sistema ferroviario, un luogo dove la ragione deraglia spesso, come un vecchio convoglio fuori controllo.

Un tempo i condottieri delle ferrovie, come i generali delle legioni, portavano avanti il loro compito con mano ferma e mente chiara, guidando i loro treni come falangi invincibili.

Ma ora, ahimè, la scena è cambiata. Non sono più i capi delle FSI a prendere decisioni, bensì un branco di giudici che vedono un crimine in ogni vite non stretta, un omicidio in ogni ruota arrugginita.

E qui entra in gioco il mostro moderno, nato da terre lontane e piovuto sul nostro Belpaese: il “rischio ragionevolmente accettabile”. Suona bene, vero? Così inglese, così moderno. Eppure, cari lettori, questa è la nuova bestia che dobbiamo affrontare. La filosofia del rischio, dove tutto è permesso purché sia “ragionevole”. Ma chi decide cosa è ragionevole? Forse i nostri magistrati, che mai hanno visto una rotaia in vita loro ma ora si ergono a giudici supremi della sicurezza.

Ah, che commedia! Che tragedia! Come i nostri antenati si divertivano a vedere le maschere del teatro romano, così oggi possiamo solo ridere amaro di questa pantomima. I dirigenti delle FSI, quegli uomini un tempo rispettati come i prefetti dell’Impero ora sono trattati come gladiatori sconfitti, offerti in pasto al popolo per placare la sua sete di giustizia. Ma di quale giustizia parliamo? Quella che si basa sul sospetto, sull’idea che ogni decisione non presa porti con sé la colpa del non fatto? Siamo forse arrivati al punto in cui l’unico modo per essere innocenti è non fare nulla?

E così, come nelle peggiori tragedie greche, il destino dei dirigenti FSI è segnato. Non importa quanto abbiano investito in sicurezza, quante tecnologie all’avanguardia abbiano introdotto. No, l’unica cosa che conta è trovare un capro espiatorio, qualcuno da appendere al palo della gogna pubblica affinché il popolo possa dormire tranquillo, credendo che giustizia sia stata fatta.

Ma guardate, amici miei, oltre il fumo e le ceneri di questo teatro dell’assurdo. Vedrete che, dietro le quinte, la vera tragedia si sta preparando. Una paralisi decisionale che minaccia di trasformare le nostre ferrovie in un cimitero di treni fermi, dove nessuno osa più prendere una decisione per paura di finire nelle grinfie della legge. La sicurezza, cari cittadini, non si ottiene fermando tutto, ma andando avanti con saggezza e coraggio.

E mentre i nostri magistrati si congratulano l’un l’altro per aver salvato la patria da se stessa, non possiamo dimenticare chi, come Vincenzo Soprano*, ex Amministratore Delegato di Trenitalia, paga oggi con la privazione della libertà per responsabilità che solo la storia potrà giudicare con equità. Da Rebibbia, la sua figura emerge come simbolo tragico di un sistema che ha dimenticato la misura e la giustizia, sacrificando un uomo e un manager sull’altare di un rischio impossibile da eliminare con una presunta sicurezza.

E così, alla fine, cosa rimane? Solo un grande senso di vuoto, un teatro vuoto dove non si recita più la tragedia né la commedia ma solo il silenzio del non fatto, del non deciso, del non osato. E mentre i nostri magistrati si congratulano l’un l’altro per aver salvato la patria da se stessa il popolo, confuso, si chiede se non ci sia stato un errore. Forse, alla fine, il vero crimine è stato quello di aver dimenticato che la sicurezza non è un fine, ma un mezzo per vivere meglio.

Che farsa, che tragedia! Forse Petronio, dal suo posto nell’Ade, starà ridendo di tutto questo o, forse, starà piangendo, vedendo come la saggezza degli antichi è stata sostituita dall’ottusità dei moderni.

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Nota dell’autore: Questo articolo immaginario si propone di far riflettere sul paradosso della sicurezza assoluta, mettendo in luce le contraddizioni di un sistema che sacrifica l’efficienza sull’altare di un rischio impossibile da eliminare. Come avrebbe detto Petronio, “ciò che è ragionevole per uno, è follia per un altro”.

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* Vincenzo Soprano, ex ad di Trenitalia e FS Logistica, è in carcere dallo scorso gennaio in seguito alla condanna definitiva a 4 anni e due mesi per la strage di Viareggio

Categoria: Il rasoio

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Article by: Petronius Arbiter