Nel 2016 uscì nelle sale italiane il film comico“Quo Vado”, basato sull’importanza di avere a tutti i costi un posto fisso con tutte le garanzie di legge e del contratto di lavoro. Celebre fu la scena del protagonista ancora bambino che, alla richiesta dell’insegnante su che lavoro avrebbe voluto fare da grande, rispose “io voglio fare il posto fisso”.
In altri tempi, chi entrava a far parte del Gruppo FSI si sentiva ripetere le tre regole granitiche da rispettare per tenersi stretto il posto di lavoro: non rubare, non venire alle vie di fatto con i colleghi e non molestare le donne. Al di fuori di queste, sicuramente condivisibili, si aveva la garanzia di terminare la carriera come ferroviere.
A oggi i ferrovieri degli equipaggi non vivono più la tranquillità del posto fisso perché ormai, da qualche anno, assistiamo alla facilità con cui sono fatti i licenziamenti, spesso per errori commessi in totale buona fede per inconvenienti di esercizio. A ciò si aggiungono casi sempre più frequenti di dimissioni volontarie, giovani che rinunciano al posto di lavoro per trovarne un altro con meno responsabilità, meno vincoli e meno difficoltà nella gestione della propria vita sociale e familiare, senza grosse rinunce alla retribuzione. E’ riduttivo dare la colpa al fatto che i giovani non sarebbero avvezzi ai sacrifici o alle responsabilità perché anche fra i veterani di mezz’età serpeggia la voglia di cambiare lavoro, con la conseguenza per l’azienda di ritrovarsi lavoratrici e lavoratori sempre meno attaccati alla propria professione e il rischio di perdere il prezioso know-how maturato e accumulato nel tempo.
Sono tante le cause di questo malessere e sicuramente ci troviamo l’aumento dei carichi di lavoro, le difficoltà a fruire delle assenze previste dalla legge e dal CCNL, le pressioni per garantire la produzione a scapito di diritti di base quali la refezione, le ferie ecc., una vera tutela in caso di inidoneità e la stessa retribuzione che, rispetto ad altre posizioni lavorative senza responsabilità, ha sicuramente perso di valore.
Tutto ciò fa sì che oggi lo splendore del posto fisso è venuto meno, purtroppo. Qualcuno che ha rinunciato al suo posto da ferroviere ha detto ai colleghi “non si può vivere solo per il 27 del mese”.
Tutto ciò peggiorerà quando si privatizzeranno le ferrovie.
Le aziende di Stato come il Gruppo FSI dovrebbero guidare la ripresa economica e la tenuta sociale del Paese promuovendo l’occupazione e la dignità del lavoro sancita dalla nostra Costituzione, invece di farsi prendere da nuovi corsi di stampo americano-liberistico che non hanno mai fatto il bene del Paese e della sua popolazione lavoratrice.