CONTRATTI DI PROSSIMITÀ: NORMATIVA E PERIMETRO APPLICATIVO

In deroga alle disposizione di legge e alle previsioni dei contratti collettivi, dal 2011 è possibile stipulare accordi di prossimità territoriali o aziendali al fine di perseguire uno degli obiettivi stabiliti nell’articolo 8 del decreto legislativo 138/2011, ossia: a) maggiore occupazione; b) qualità dei contratti di lavoro; c) adozione di forme di partecipazione dei lavoratori; d) emersione del lavoro irregolare; e) incrementi di competitività e di salario; f) gestione delle crisi aziendali e occupazionali; g) agli investimenti e all’avvio di nuove attività.
La norma stabilisce un perimetro chiaro in cui le organizzazioni sindacali possono operare. Infatti, gli accordi possono riguardare esclusivamente:
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell’orario di lavoro;
e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro;
La norma è volta a concedere una elasticità maggiore alla contrattazione vicina alle realtà aziendali, che per i più disparati motivi si trovano in condizioni tali per cui la particolarità del settore o le difficoltà organizzative necessitano di accordi ad hoc relativi a fattispecie già disciplinate dalla legge o dal CCNL applicato.
Come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza 52/2023, se l’accordo è firmato da una sola sigla sindacale, non produce i suoi effetti, non essendo soddisfatto il principio di effettiva rappresentatività della maggioranza dei lavoratori.
Inoltre, specifica la Corte, che l’accordo deve essere stipulato da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda, nozione questa ben diversa da quella di “sindacato maggiormente rappresentativo”.
A tal proposito, conclude la C.C., spetta al giudice di merito nel caso concreto, disporre se il criterio maggioritario sia stato soddisfatto, stante l’assenza di una puntuale ed effettiva definizione del criterio maggioritario che possa essere prontamente valutato.

Categoria: Interventi

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Article by: Francesco Cinelli