Nessuno in Italia considera mai i costi economici degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, commettendo un clamoroso errore. Vista la loro enorme entità dovrebbero interessare, invece, proprio il Ministero dell’Economia. In questi giorni, come ogni autunno che si rispetti, ci si appassiona alle vicende legate alla manovra di bilancio, la “finanziaria”, che da quest’anno e per i prossimi sette ha un nuovo rigido vincolo di stabilità, sottoscritto con l’UE, per ridurre il rapporto debito/PIL al 60% partendo dall’attuale 140% circa. (il debito pubblico balla intorno ai 2947 miliardi di euro, mentre il PIL a 2085 miliardi di euro circa). Le cifre fanno tremare i polsi e il refrain è sempre lo stesso, “non ci sono i soldi”. Certo, dover riequilibrare una situazione economica così pesante è certamente un’impresa e si punta al miglioramento graduale del rapporto Debito/PIL. Per farlo bisogna ridurre il deficit annuale da un verso e aumentare il PIL dall’altro. I costi economici degli infortuni e delle malattie professionali, come dicevamo all’inizio, sono stimati dall'International Labour Organisation (ILO) poco oltre il 3% del PIL a livello globale. Mentre, In Europa, l’EU-OSHA (acronimo in lingua inglese che indica l’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro) ha prodotto uno studio di ricerca molto circostanziato, sull’impatto economico di una gestione inadeguata della sicurezza negli ambienti di lavoro, su cinque Stati membri: Finlandia, Germania, Paesi Bassi, Polonia e Italia.
Secondo questa ricerca la percentuale italiana tra costi diretti, indiretti e intangibili è rispettivamente del 8%, 56% e 36%: i costi diretti che sono quelli più facilmente identificabili e su cui le aziende percepiscono la mancata sicurezza sono meno di un decimo del totale.
Come dire che il costo è decisamente maggiore rispetto a quello che di solito si pensa. La percentuale rispetto al PIL (GDP) è del 2,9% per la Finlandia, del 3,5% per Germania e Paesi Bassi, del 10,2% per la Polonia mentre per l’Italia è del 6,3% e non 3,5% come spesso si sente dire (si veda la tabella a pag.43 dello studio). Il costo complessivo annuale, quindi, attualizzando le cifre all’ultimo PIL rilevato da Istat sarebbe di 131 miliardi di euro! Se pure questo studio, ormai datato perchè è del 2019, fosse contestato e dovessimo invece considerare il costo anche al 3,5% del PIl, che si avvicina alla media ILO, si tratterebbe di 73 miliardi di euro! Per ridurre questa montagna di costo, che ogni anno si somma al dolore e alle sofferenze per lutti e per mutilazioni e ferite fisiche e psicologiche, occorrerebbe investire in un Piano nazionale straordinario per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali (esempio Decalogo Confsal) Decalogo della sicurezza per la prevenzione partecipata. Entrambi i fattori, deficit e PIL, ne avrebbero un gran giovamento. Dove trovare i fondi?
Beh, l’ultimo rapporto annuale di Inail, presentato il 14 ottobre 2024, evidenzia che l’Istituto ha introitato circa 12 miliardi in un anno e di questi ne sono avanzati 3…il 25%. Volendo il ministro Giorgetti, anziché utilizzare contabilmente gli avanzi di bilancio dell’ Inail ai fini dei saldi attivi della contabilità generale dello Stato dovrebbe riflettere se non sia il caso di investirne una quota robusta per abbattere una montagna di costo che nei fatti incide negativamente sia sul PIL che sul Debito pubblico.