“Scioperi colpevoli, disservizi giustificati: un gioco che non funziona”
La recente sequenza di guasti che ha paralizzato il sistema ferroviario italiano è l’ennesima dimostrazione di quanto sia fragile la nostra rete ferroviaria. Da Milano a Roma, passando per Bologna e Genova, ritardi, cancellazioni e malfunzionamenti sembrano ormai all’ordine del giorno, con conseguenze pesanti per i viaggiatori e per l’immagine delle Ferrovie dello Stato.
Il pantografo rotto a Milano, i cavi tranciati, il caos del 2 ottobre con il famoso “chiodo” e le SIM d’allarme scadute: episodi che, più che accidentali, sembrano sintomi di un sistema in affanno. Come è possibile che una rete di importanza strategica si trovi a fare i conti con problemi di questa natura? Questi eventi, seppur eccezionali, portano alla luce una realtà preoccupante: la perdita di competenze tecniche e una gestione che appare sempre più miope perché non garantisce la giusta resilienza nel rispondere prontamente alle situazioni di emergenza che nella circolazione ferroviaria sono sempre accadute.
Ma è davvero tutto imputabile a un incidente isolato? I pantografi si sono sempre rotti, ma tutte quelle ore di stop per un guasto è una novità. Questo ci obbliga a porci una domanda fondamentale: siamo sicuri che il nostro sistema ferroviario sia adeguatamente mantenuto e che le competenze necessarie siano ancora disponibili negli uomini e nei mezzi? Una rete sovraccarica, cantieri del PNRR che riducono la flessibilità e risorse sempre più scarse non sono certo un terreno fertile per garantire l’efficienza a cui si è obbligati in un sistema produttivo come il nostro.
Mentre il Ministro Salvini valuta il taglio del 15% delle corse per alleviare il carico sul sistema, resta il dubbio: è una reale soluzione o solo un palliativo? Una rete meno congestionata potrebbe sembrare una buona idea, ma invece, al contrario, trascina una serie di problemi che vanno dalla riduzione di introiti per le imprese ferroviarie, per il gestore della rete ferroviaria e per la qualità del servizio offerto ai clienti e agli utenti. Se poi lo confrontiamo con il tema vivo del diritto di sciopero, provocatoriamente potremmo dire che, se i disservizi accadono per le proteste dei lavoratori, vengono messi alla berlina; se avvengono per carenze gestionali, vengono compresi come necessari. È un “gioco” che non funziona! I lavoratori e chi li rappresenta vanno ascoltati e, anziché attaccare il diritto di sciopero, sarebbe ora di ascoltare gli allarmi che i ferrovieri stanno lanciando, soprattutto sindacati come il nostro, che non è avvezzo a usare l’arma dello sciopero, ma da tempo grida alla stagnazione manutentiva e alla necessità di internalizzare le attività core per le emergenze e la manutenzione corrente, il controllo della sicurezza della circolazione.
Il sindacato ha fatto la sua parte nel sottoscrivere l’accordo sulla manutenzione infrastrutture del gennaio 2024, ma sembra che i sacrifici dei lavoratori siano stati delegittimati, visti i risultati degli ultimi periodi, dalla gestione artigianale di diversi territori, più volta a far passare testardamente convinzioni aziendali anziché cercare la giusta applicazione dell’accordo.
Come FAST-Confsal, denunciamo non solo i disservizi evidenti, ma anche una cultura gestionale che sembra aver smarrito la capacità di prevenire e affrontare le emergenze con efficacia. Gli investimenti promessi sono importanti, ma da soli non bastano: servono formazione, competenze e una gestione che mette la sicurezza e l’affidabilità al primo posto.
La verità è che l’Italia merita una rete ferroviaria all’altezza delle aspettative dei suoi cittadini. Ogni ritardo, ogni guasto, è un colpo alla credibilità del nostro sistema e al nostro PIL. E oggi, più che mai, è tempo di risposte concrete.