Il BANCHETTO DEGLI STOLTI E LA CARESTIA DEI GIUSTI

Nella grande cena dei potenti, il trasporto pubblico è il servo che regge il vassoio, sudato e affamato, mentre a tavola si spartiscono lauti bocconi. I convitati, satolli e ben pasciuti, si scambiano sorrisi compiacenti: hanno rinnovato un contratto, dicono, con grande sforzo e sacrificio. Per loro, s’intende.

I lavoratori del Trasporto Pubblico Locale, invece, non siedono al banchetto. Per loro nessun piatto abbondante, solo briciole. L’elemosina di un’una tantum fantasma, aumenti salariali mai pervenuti, promesse che svaniscono come il profumo di un arrosto servito altrove. Il grande spettacolo del rinnovo contrattuale si rivela per quello che è: un’illusione, una pantomima ben orchestrata per placare il volgo e rassicurare i mercanti.

E mentre l’autista conta i centesimi per riempire il carrello della spesa, altrove le casse dello Stato si gonfiano con un trucco vecchio quanto Roma stessa: le accise sulla benzina. Ah, sì! Mentre il lavoratore del TPL aspetta aumenti che non arrivano, il cittadino che guida la sua utilitaria si ritrova con un pieno sempre più costoso. Il paradosso è servito: lo Stato non trova soldi per il trasporto pubblico, ma li trova per far pagare di più chi usa l’auto privata.

Quanta saggezza, quanta finezza politica! Un sistema che non investe nei mezzi pubblici, che mantiene gli stipendi degli autisti ai minimi termini, che riduce il servizio all’osso… e poi si stupisce se le città soffocano nel traffico e i pendolari maledicono ogni viaggio. Ma che importa? I salotti sono pieni di luminari che tessono le lodi di un contratto zoppo e dicono, con aria grave e condiscendente, che “di più non si poteva fare”.

Ma Petronio, che osserva tutto dal triclinio degli scontenti, sorride amaro. Sa che questa farsa è destinata a crollare sotto il peso della sua stessa ipocrisia. Perché il tempo delle menzogne si consuma veloce, e il giorno in cui il servo getterà il vassoio a terra e rovescerà il banchetto non è lontano.

Chi vuole davvero restituire dignità ai lavoratori del TPL non può limitarsi a un ritocco di facciata, né a qualche moneta lanciata come ai mendicanti. Serve una ristrutturazione radicale, una nuova visione del trasporto pubblico, dove il lavoratore sia finalmente trattato per ciò che è: l’ossatura del sistema, non il suo peso morto.

Nel frattempo, le accise salgono e gli stipendi restano fermi. Gli stolti continuano a banchettare, convinti che il vino continuerà a scorrere all’infinito. Ma anche Bacco, prima o poi, si stanca di versare da bere.

Categoria: Il rasoio

Tags:

Article by: Petronius Arbiter