LA SFIDA DEL SINDACATO NELL’EPOCA DELLE ECCEZIONI

Il diritto di sciopero, la frammentazione della rappresentanza e la necessità di un nuovo profilo per FAST-Confsal


Viviamo tempi d’eccezione. Tempi nei quali la società sembra procedere per scosse improvvise, e nei quali anche il sindacato, dentro un perimetro che potrebbe sembrare ristretto ma che invece tocca le fondamenta della democrazia, si trova a dover ridefinire se stesso. Non è un caso se oggi viene messa in discussione la libertà del diritto di sciopero – un principio che affonda le radici nella Costituzione – mentre, al contempo, questo stesso diritto viene talvolta piegato a logiche di parte che nulla hanno a che vedere con la tutela dei lavoratori.

L’episodio più emblematico è stato il tentativo di trasformare il sindacato in una macchina di consenso politico, come accaduto quando la più grande centrale italiana ha deciso di spendersi nel referendum contro il Jobs Act. La sconfitta di quella battaglia ha mostrato non solo la debolezza della strategia, ma anche l’illusione di poter piegare le dinamiche sociali a un progetto di parte. In parallelo, i lavoratori hanno continuato a perdere potere d’acquisto e diritti, colpiti dall’inflazione, dalla precarizzazione e da una legislazione che troppo spesso rincorre emergenze senza affrontare le radici delle disuguaglianze.

Non meno grave è la dispersione degli obiettivi sindacali. Le diverse sigle appaiono divise, incapaci di individuare un terreno comune. E mentre si proclama la libertà di associazione, assistiamo al consolidarsi di un vero e proprio oligopolio della rappresentanza, che marginalizza chi cerca di costruire un consenso nuovo e autentico. Il risultato è che una parte consistente di lavoratori non si riconosce più nei soggetti tradizionali, percepiti come distanti, oppure non trova ancora un’alternativa solida e credibile.

In questo contesto, FAST-Confsal ha avanzato una riflessione che non si limita alla denuncia. L’idea è di caratterizzarsi con un profilo preciso, distinguibile, capace di emergere dal rumore di fondo che circonda il sindacalismo italiano.

Tre sono le parole-chiave: propositivo, competente, attrattivo.

Propositivo, perché non basta sottolineare ciò che non va: occorre proporre soluzioni concrete, praticabili, capaci di incidere sulle situazioni reali anche a costo di infrangere i confini che le controparti cercano di imporre.

Competente, perché la credibilità nasce dallo studio, dall’approfondimento, dal confronto con esperti e dalla capacità di rispondere alle domande dei lavoratori con cognizione di causa.

Attrattivo, infine, perché la sfida non è solo rappresentare gli iscritti, ma aggregare forze disperse, costruire massa critica e trasformare, per dirla con Hegel, la quantità in qualità.

Un tale cambio di passo non può prescindere da un rinnovamento organizzativo. La costruzione della nuova Federazione FAST-Confsal, con un nuovo Statuto e un nuovo Regolamento, è condizione necessaria per affrontare questa stagione.

Non si tratta di un esercizio burocratico, ma del presupposto stesso per essere riconoscibili come sindacato moderno, capace di parlare con una voce distinta. La metafora è quella evangelica del vino nuovo:

non può essere versato in otri vecchi senza rischiare di disperdersi.

Ma se la riforma è necessaria, altrettanto decisiva è la questione della tempistica. Rimandare il Congresso significherebbe perdere un anno intero, in un momento in cui dodici mesi equivalgono a un’era. Il mondo del lavoro cambia più rapidamente di quanto noi stessi riusciamo a immaginarlo: nuove tecnologie, nuove forme di organizzazione, nuove vulnerabilità sociali. Inciampare nella rigidità delle regole significherebbe restare indietro. È questo il senso della proposta di un grande patto interno: approvare entro dicembre 2025 le nuove regole e celebrare subito dopo il Congresso rifondativo, così da arrivare già nella primavera del 2026 con una Federazione pienamente rinnovata.

Naturalmente non si tratta solo di una scadenza. Perché la riforma sia credibile, è necessario un cambio di paradigma più profondo: un cambiamento psicologico, quasi interiore, di chi nel sindacato vive e opera. La capacità di abbandonare le vecchie abitudini, di superare la diffidenza, di riconoscere che il futuro non aspetta chi si attarda. È un passaggio che non riguarda soltanto FAST-Confsal, ma l’intero mondo sindacale: la scelta tra l’essere attore protagonista o comprimario in una fase di trasformazione rapida e radicale.

La storia insegna che i tempi d’eccezione non ammettono esitazioni. O si ha il coraggio di imboccare la strada del cambiamento, oppure si rischia di assistere al proprio ridimensionamento, fino all’irrilevanza. Per questo il passaggio organizzativo e statutario, apparentemente tecnico, assume oggi il valore di un atto politico di primo piano. E per questo l’idea di un sindacato propositivo, competente, attrattivo non è un semplice slogan, ma una necessità storica: il tentativo di restituire centralità al lavoro in un mondo che sembra averne smarrito il senso.

Categoria: Punti di vista

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Article by: Mario Pino