DAL MODE SPLIT AL PEOPLE SPLIT: LA MOBILITÀ VISTA CON OCCHI UMANI

In un interessantissimo articolo l’ing. Francesca Ciuffini, ferroviera trasportista e car free, ha affrontato il problema dello shift modale nelle città.

L’articolo si intitola, “Antropologia della scelta modale per il policy making”, e presenta un’analisi sistemica seria, individua i vincoli e i cluster che determinano l’attuale ripartizione modale.

Nell’analisi si compie un importante passo avanti, senza il furore ideologico e dogmatico che ha passato il tempo ad aggettivare la mobilità e ha chiamato ad una specie di “guerra” contro l’automobile.

Diciamo subito che la madre di tutti gli “shift modali” è rappresentata dalla migrazione dalla mobilità individuale a quella collettiva su ferro e su gomma.

Nell’articolo c’è una evoluzione importante là dove si propone di inquadrare le strategie operative passando dal “mode split” al “people split”, riportando la giusta attenzione alle condizioni delle persone in carne ed ossa e a come e perché compiono le scelte di spostamento erratico o sistemico.

I cluster individuati, analizzati e declinati dall’Ing.Ciuffini rappresentano bene e in modo esauriente le ragioni dall’attuale ripartizione modale ad esempio a Roma dove sono risultate ignorate o non comprese negli ultimi 14 anni.

Anche negli ultimi anni, nelle dichiarazioni di amministratori comunali e delle Società di proprietà del Comune di Roma, sono echeggiate posizioni sul “diverso uso” delle strade che avevano come obbiettivo la riduzione “a prescindere” (alla Totò) della possibilità di uso dell’auto.

Cioè si è continuato ad affrontare il problema dalla coda, senza avere chiaro il contesto e le condizioni reali, come spinti da un grossolano riflesso ideologico e da una visione dogmatica.

Nei cluster individuati nell’articolo dell’Ing Ciuffini c’è un sezionamento quasi chirurgico delle condizioni e dei sintomi, ci sono i “captive dell’auto” che non hanno alternative ma sarebbero disposti a non usarla se ci fossero, ci sono gli “ipercapive”  che se anche avessero le alternative continuerebbero comunque ad usare l’auto, ci sono i “reiector” con alternative disponibili ma le rifiutano pregiudizialmente, i “non informati” che hanno alternative ma non le conoscono e sarebbero disposti ad utilizzarle se convenienti, quelli “auto per scelta” che potrebbero usare delle alternative ma scelgono l’auto in base ai propri criteri di convenienza, i “no auto per scelta” che hanno l’auto ma preferiscono spostarsi in altro modo perché più conveniente, i “ captive delle alternative” non hanno un’auto e possono essere CAR FREE non la userebbero comunque o CAR LESS ne soffrono la mancanza.

Nell’articolo si affrontano le condizioni per lo spostamento tra i vari cluster e quali dovrebbero essere le azioni dei decisori pubblici, cioè quali dovrebbero essere le azioni per indurre gli spostamenti su cluster di scelta del TPL e di sostenibilità, cioè come affrontare, aggredire e modificare i vincoli oggettivi, e i vincoli soggettivi che sono determinati dall’uso e da modelli indotti dalla stessa auto.

Sui vincoli oggettivi, a Roma negli ultimi 14 anni si è fatto poco, oltre 30 anni fa era stata impostata una strategia che mirava a superare il vincolo più grave: la mancanza di offerta di servizi su ferrovia, quella strategia che in qualche modo aveva cercato di informare anche il PRG del 2008 è stata spesso decantata e più spesso trascurata con scelte di priorità svianti rispetto alla strategia.

L’aggressione dei vincoli oggettivi (assenza di servizi del TPL, errori di pianificazione degli insediamenti, catene dello spostamento impossibili e complicate), richiede un’amministrazione capace e decisa a pianificare in modo totale e ferreo urbanistica e trasporti.

Il vincolo oggettivo che costringe all’uso dell’auto si combatte a cominciare dalle coloratissime carte del PRG: prima di costruire, prima di scavare una fondamenta  devono essere già realizzati e operativi i binari e la stazione e poi le fermate dei bus accoglienti e tecnologiche, con servizi che dovranno essere calibrati sulle residenze, tutto diverso da quello che si è fatto ad esempio a Ponte di Nona e in altri casi, non si tratta solo di interrompere la micidiale rincorsa dei servizi ai piani di zona che continua ad aggravare lo sprawl urbanistico si tratta di cambiare nel profondo la pianificazione, di sottrarla alle suggestioni e alle lobby.

Nella periferia romana ci sono interi quartieri di “vincolati” ai quali ancora non è stata data la possibilità di cosa scegliere per spostarsi, ai quali non è stata data nemmeno una ragionevole prospettiva di rimozione dei vincoli.

Per scegliere di applicare e realizzare una coerente politica degli svincoli e di superamento di abitudini e modi di pensare ci vuole molto coraggio e il rifiuto del galleggiamento e non rifugiarsi in slogan ormai poco credibili

Ci vuole un ravvedimento operoso, che applichi un po’ (q.b.) di pensiero critico e autocritico per passare alla fase due ovvero la programmazione di 7 interventi-investimenti sul sistema ferroviario cittadino e metropolitano in grado di far raddoppiare l’offerta in 10 anni, e accrescere l’integrazione modale tra i sistemi di trasporto e l’accessibilità ai servizi. Si può fare!

Il sindaco Ernesto Nathan è passato alla storia e alla memoria per tante buone cose e per una battuta fulminante “Nun c’è trippa pe’ gatti”, lasciando stare i felini non sarebbe male che il Sindaco operasse tutte le modifiche di Piano, normative, di controllo e di  programmazione per eliminare molti vincoli ab origine e  per dire con serenità e qualunque tono :.”Nun c è più mattone senza binario” o se si vuole in modo meno elegante, “Vedere binario e stazione, sentire treno, poi avere mattone”.

 

Categoria: Interventi

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Article by: Enrico Sciarra