Recentemente abbiamo pubblicato un articolo nel quale si riportava l’attenzione alla imminente gara dei servizi Intercity – per capire meglio – quella gara che definirà il livello del servizio di trasporto ferroviario, giorno e notte, a media e lunga percorrenza di interesse nazionale a regime di obbligo di servizio pubblico reso ai cittadini fino al 2041.
Innanzitutto, si poneva l’accento su quella che è una scelta tutta politica di voler procedere ad una gara per l’affidamento dei servizi riconosciuti come essenziali e, quindi, finanziati dallo Stato, piuttosto che procedere ad un affidamento diretto basato su criteri ben definiti e obiettivi di performance, in analogia a quanto accaduto proficuamente anche in altri paesi europei.
Tale scelta, inoltre, determinerà anche le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti, diretti e in appalto, ma anche le possibili ricadute in termini di sostenibilità e stabilità del sistema.
Uno degli elementi maggiormente da attenzionare, a nostro avviso, è quello che riguarda la previsione contenuta nella pre-informazione del Ministero delle Infrastrutture che recita; “La procedura sarà aggiudicata mediante applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Si riserva la possibilità di suddividere in lotti la procedura di gara.” L’obiettivo primario, sostiene sempre il Ministero, è definire un quadro contrattuale che favorisca l’innovazione, la concorrenza e l’elevazione degli standard qualitativi dei servizi Intercity
A sostegno della nostra visione proviamo a definire lo scenario di riferimento supportato anche da dati che potranno meglio rendere quale sia oggi la situazione.
Il contratto di servizio Intercity tra Stato e Trenitalia valido fino al 2026 assicura con 118 treni giorno (94 giorno e 24 notte), il collegamento tra capoluoghi di provincia, città di medie/grandi dimensioni e destinazioni leisure, toccando circa 200 stazioni lungo le seguenti direttrici.

Nelle previsioni contrattuali viene definita anche la “tariffa massima” applicabile agli utenti per ogni categoria di servizio offerto (IC, ICN, Supplemento Notte e Abbonamenti), eventuali incrementi tariffari previsti in virtù di migliori servizi offerti devono essere preventivamente comunicati al Ministero. Tale previsione a garanzia della efficacia, anche in termini economici, del godimento del diritto alla mobilità proprio del servizio pubblico, considerato che più del 50% dei treni Intercity intercetta anche flussi pendolari. Il MIT e il MEF congiuntamente mantengono, inoltre, i poteri di vigilanza – potendo effettuare controlli ed ispezioni – verifica circa l’adeguatezza del materiale rotabile e in caso di grave inadempienza, possibilità di comminare penali e/o di rescindere il contratto.
Dopo anni di proroghe, il contratto ha garantito certezza di risorse da stanziare (347 milioni nel 2017 e 365 milioni all’anno per gli anni successivi), ed una durata decennale utile agli investimenti per il miglioramento del servizio.
Lo scenario fino a quel momento era decisamente desolante. Dal 2009 al 2019, per rimanere ai dati precedenti al periodo pandemico, gli spostamenti nazionali in treno erano aumentati complessivamente di 46 mila passeggeri al giorno, ma mentre quelli sull’alta velocità risultavano complessivamente aumentati del 114% (Trenitalia + NTV), quelli sugli Intercity erano diminuiti del 47%. La ragione di una così enorme differenza sta innanzitutto in una straordinaria crescita dell’offerta di servizio per i collegamenti AV contro una decrescita dell’offerta di servizi Intercity in termini di treni/km, pari al 17%.
Per il periodo post-pandemico il PNRR ha anche previsto uno stanziamento di 200 mln per l’acquisto – individuando Trenitalia quale soggetto attuatore – di nuovo materiale rotabile per il Sud: 7 treni bimodali per i collegamenti intercity Reggio Calabria-Taranto, sulla linea Jonica e 70 nuove carrozze notte per i treni in Sicilia. Nell’arco di validità del contratto è garantito anche il completamento del revamping delle carrozze dei treni in circolazione, con maggiori comfort come la configurazione salone, ampie e comode poltrone, prese elettriche al posto, per un investimento pari a 118 mln di euro.
I dati ci dicono, inoltre, che rispetto al 2023 si è registrata una crescita dei volumi di viaggiatori*km trasportati pari al 4,5% e che dal 2018 al 2021 la tendenza in positivo ha riguardato anche le performance legate alla puntualità.
I dati appena illustrati – che ovviamente non sono esaustivi di una condizione che ha ancora ampi margini di miglioramento – ci dimostrano come, anche a fronte di un affidamento diretto, sia possibile raggiungere gli obiettivi di innovazione ed elevazione degli standard qualitativi richiesti dal Ministero.
Rimane da soddisfare l’obiettivo della concorrenza! Ma la concorrenza è un mezzo per raggiungere gli obiettivi di innovazione ed elevazione degli standard qualitativi per i cittadini o rischia di diventare il fine ultimo della scelta politica? Il servizio pubblico reso ai cittadini e la qualità del lavoro devono essere, a nostro avviso, l’obiettivo principale da perseguire, e se il mezzo scelto per raggiungerli è diverso dalla concorrenza la politica deve assumersi la responsabilità di poter scegliere diversamente.
Attualmente, oltre a Trenitalia, l’unico altro competitor possibile è rappresentato da Arenaways, attualmente operante su una sola tratta regionale in Piemonte – la Cuneo/Savigliano/Saluzzo – ma che dichiara di essere disponibile ad investire 250 milioni di euro con il supporto operativo di Renfe, la compagnia ferroviaria nazionale spagnola. Arenaways ha già ottenuto l’autorizzazione ad esercire le tratte Roma-Genova, Roma-Reggio Calabria e Roma-Firenze-Venezia, in vista della messa a gara dei servizi Intercity.
Ecco, quando si affida ad un operatore privato un servizio essenziale come quello del trasporto – diversamente da quelli a mercato – una qualsiasi modifica alle strategie dell’impresa rischia di avere pesanti ripercussioni sulla sostenibilità del sistema tutto. L’obbligo di garantire il diritto alla mobilità costituzionalmente sancito, infatti, ma anche la protezione sociale dei lavoratori, qualsiasi cosa accada, rimane comunque in capo allo Stato!
Il principio di concorrenza è un concetto economico e giuridico nato negli Stati Uniti nella seconda metà del XVIII secolo e stabilisce che l’economia debba autoregolarsi attraverso la libertà di mercato e l’interesse individuale. Da allora, la storia ci ha insegnato che spesso l’interesse collettivo ha avuto la peggio.