QUANDO “CONTRATTO DI QUALITÀ ” FA RIMA CON FILIERA: LA SCOMMESSA CONFSAL PER UNA CONTRATTAZIONE OLTRE IL SIMBOLICO

Il nuovo modello di contrattazione multisettoriale promosso da Confsal e Confimi punta su qualità, filiera e rappresentatività, in un sistema dominato dai contratti maggiori secondo il CNEL.


In un mercato del lavoro frammentato, dove la produttività stenta a crescere e il costo del lavoro divide, la Confsal tenta un passo diverso. Non rincorrere la quantità dei contratti, ma la qualità della contrattazione. Un obiettivo che si traduce nel modello dei contratti multisettoriali e di filiera, costruiti con logica industriale e non burocratica, capaci di unire settori contigui e imprese collegate nella catena produttiva. Il recente CCNL intersettoriale per il terziario e l’accordo con Confimi Industria sul primo contratto multi-manifatturiero segnano un cambio di paradigma: la contrattazione non come vetrina, ma come infrastruttura sociale.

Nel luglio 2025 Cifa e Confsal hanno rinnovato il CCNL intersettoriale per commercio, servizi e turismo. Il testo ha introdotto istituti che rispondono alle trasformazioni del lavoro: il “preavviso attivo” per accompagnare le transizioni, nuove indennità professionali, formazione continua, welfare contrattuale e tutele integrate tra salute e sicurezza. Non solo norme, ma un linguaggio che punta a rendere il lavoro parte del valore d’impresa. Anche sul piano economico, l’accordo ha previsto incrementi fino a 140 euro mensili per il IV livello, una misura che riporta l’attenzione sulla retribuzione reale e sulla competitività interna.

Sul fronte manifatturiero, l’intesa Confsal–Confimi ha dato vita a un contratto inedito: un CCNL intersettoriale per le PMI che unisce tessile, chimico, plastica, legno-arredo e alimentare. Il modello è quello di un contratto orizzontale che ricompone filiere diverse, con un salario minimo tabellare di 9 euro l’ora, la settimana corta a parità di retribuzione e la partecipazione dei lavoratori nei consigli d’amministrazione delle imprese oltre i 50 dipendenti. È la prova che un sindacato può innovare senza rinunciare alle garanzie, costruendo tutele comuni per settori che condividono catene produttive e dinamiche simili.

L’esperimento Confsal si inserisce in un quadro generale che il CNEL, nel suo rapporto “La contrattazione collettiva di minore applicazione” (settembre 2025), ha descritto con numeri chiari: su 1.017 contratti collettivi nazionali del settore privato, 632 – il 62% – sono sottoscritti da sigle non riconducibili ai sistemi principali (CGIL, CISL, UIL, UGL, Confsal) e coprono appena 367 mila lavoratori, meno del 3% del totale. Solo sei di questi superano l’1% di incidenza nel proprio settore. Al contrario, 99 contratti maggiori coprono il 97% dei 14,6 milioni di lavoratori censiti. La frammentazione, insomma, è più formale che reale: i cosiddetti “contratti pirata” sono numerosi ma marginali, segno di una contrattazione che in molti casi serve più a esibire sigle che a rappresentare persone.

Proprio in questo vuoto di rappresentanza si colloca l’idea di una contrattazione “di qualità”. I testi multisettoriali della Confsal vogliono costruire un perimetro contrattuale ampio, ma solido, che eviti il moltiplicarsi di micro-accordi senza impatto e restituisca dignità al contratto collettivo come strumento di politica industriale. Nei sistemi produttivi complessi – dalla moda all’automotive, dall’agroalimentare alla logistica – la contrattazione di filiera è anche un argine contro il dumping interno, perché impone standard comuni a imprese appaltatrici e subfornitrici, legando salari, sicurezza e formazione a tutta la catena.

Resta il nodo della rappresentatività: senza una certificazione pubblica e senza un legame tra incentivi economici e applicazione dei contratti di qualità, anche i modelli più avanzati rischiano di restare confinati. Il vero passo avanti sarebbe collegare i finanziamenti PNRR e i contratti di sviluppo alle imprese che applicano CCNL certificati, spingendo il sistema verso un’alleanza fra competitività e diritti. In fondo, il senso del lavoro sindacale è questo: trasformare un testo in valore, e un contratto in comunità produttiva. La Confsal prova a farlo, e in un panorama dove i contratti si moltiplicano ma le tutele si assottigliano, la direzione non è secondaria. È una sfida di qualità, nel senso più concreto della parola.

 

Categoria: Attualità

Tags:

Article by: Redazione